Alla Biennale di Venezia insieme a F.I.L.A. (e alle scuole)
Ci sono inviti a eventi che sono proprio dei regali per me, e questo è uno di quei casi. Si trattava
di 1- andare a Venezia (e a chi non piace?) 2- di visitare la Biennale (e l’architetto che è in me ha
esultato di gioia) 3- di visionare un percorso didattico che F.I.L.A. ha studiato
per i bambini (e io sono anche mamma). Quindi mai con così tanto entusiasmo ho
preso parte ad un press tour, e devo dire che nessuna delle mie aspettative è
andata delusa. Il gruppo F.I.L.A.
lo conoscete tutti, comprende Giotto, Tratto, Das, Didò, Pongo, tutte cose
belle insomma ; ) Chi non ha mai preso in mano una loro matita o un Tratto Pen?!
Ho scoperto una cosa bellissima sull’acronimo del loro nome: significa FABBRICA ITALIANA LAPIS ED AFFINI,
che trovo molto antico e romantico al tempo stesso, infatti nasce nel 1920 e
in quasi un secolo di storia ha dato vita ad uno dei primi gruppi mondiali
dedicati all’espressione creativa. Il suo impegno educativo è molto diffuso sul
territorio, e quest’anno il marchio Giotto è colore ufficiale delle attività educational della
56ma Esposizione Internazionale d’Arte.
di 1- andare a Venezia (e a chi non piace?) 2- di visitare la Biennale (e l’architetto che è in me ha
esultato di gioia) 3- di visionare un percorso didattico che F.I.L.A. ha studiato
per i bambini (e io sono anche mamma). Quindi mai con così tanto entusiasmo ho
preso parte ad un press tour, e devo dire che nessuna delle mie aspettative è
andata delusa. Il gruppo F.I.L.A.
lo conoscete tutti, comprende Giotto, Tratto, Das, Didò, Pongo, tutte cose
belle insomma ; ) Chi non ha mai preso in mano una loro matita o un Tratto Pen?!
Ho scoperto una cosa bellissima sull’acronimo del loro nome: significa FABBRICA ITALIANA LAPIS ED AFFINI,
che trovo molto antico e romantico al tempo stesso, infatti nasce nel 1920 e
in quasi un secolo di storia ha dato vita ad uno dei primi gruppi mondiali
dedicati all’espressione creativa. Il suo impegno educativo è molto diffuso sul
territorio, e quest’anno il marchio Giotto è colore ufficiale delle attività educational della
56ma Esposizione Internazionale d’Arte.
Le scolaresche, divise per fasce d’età, sono seguite da una guida in laboratori tematici pratici, dove sono chiamati a dipingere, colorare e manipolare, come nell ‘totem di carta‘ dove si improvvisano editori e tipografi, ‘il giardino della creatività‘ sullo studio del mondo naturale, e ‘il futuro della forma tra draghi e fenici‘ per scoprire le figure mitologiche della storia. Siamo rimasti un po’ in disparte ad osservare i bambini coinvolti, ma io non ho resistito e mi sono intrufolata in mezzo ad un gruppetto, chiedendo loro informazioni e sensazioni. Erano davvero felici, e mi raccontavano appassionati il loro progetto e tutto ciò che stavano facendo, e non avresti mai detto che erano bambini coinvolti in attività scolastiche, erano divertiti come in un gioco, il più creativo di tutti.
La Biennale quest’anno
festeggia il 120° anno dalla prima
esposizione, che si tenne nel 1895 e vede 89 partecipazioni straniere, distribuite
negli storici Padiglioni dei Giardini, negli spazi dell’Arsenale e in diversi edifici
veneziani, dove si svolgono anche tutti gli eventi collaterali. Abbiamo avuto
la fortuna di essere seguite da una guida che ci ha letteralmente portate per
mano all’interno della mostra e ci ha chiarito e spiegato tutti i messaggi
degli artisti.
festeggia il 120° anno dalla prima
esposizione, che si tenne nel 1895 e vede 89 partecipazioni straniere, distribuite
negli storici Padiglioni dei Giardini, negli spazi dell’Arsenale e in diversi edifici
veneziani, dove si svolgono anche tutti gli eventi collaterali. Abbiamo avuto
la fortuna di essere seguite da una guida che ci ha letteralmente portate per
mano all’interno della mostra e ci ha chiarito e spiegato tutti i messaggi
degli artisti.
L’arte contemporanea non è di così facile lettura in tutti i
casi, e anche se a me piace che ognuno possa avere una personale
interpretazione, è anche bello che qualcuno ti faccia comprendere i
reali significati che vi sottendono.
casi, e anche se a me piace che ognuno possa avere una personale
interpretazione, è anche bello che qualcuno ti faccia comprendere i
reali significati che vi sottendono.
‘All
the world’s futures’ è il titolo di questa edizione della Biennale, che si
interroga sul rapporto tra arte e sviluppo della realtà umana, sociale
e politica, nel susseguirsi delle forze e dei fenomeni esterni. “É un mondo
attraversato da fratture quello in cui viviamo – spiega Paolo Baratta,
Presidente della Biennale- da incertezze
sulle prospettive”, e non a caso è stato scelto Okwui Enwezor come curatore, molto sensibile a questi aspetti,
attento indagatore del modo in cui le tensioni del mondo esterno ricadano sulla
sensibilità e il lavoro degli artisti. 136 ne sono stati chiamati in causa,
provenienti da 53 Paesi, un Parlamento
delle Forme, una mostra globale che racconta il presente attraverso i
fenomeni anche drammatici del passato. Non nascondo che in molte sale il senso
di tristezza e di oppressione trasmesso dalle tele e dalle opere è forte, ma è
la realtà che spesso gli artisti hanno vissuto in prima persona nei loro Paesi,
e quindi non possiamo chiudere gli occhi e fare finta che tutto ciò non esista,
ma aprirci alla dea della Memoria, che
racconta il presente e il futuro attraverso un pluralismo di voci, tutte raccolte
nella Mostra, luogo di libero dialogo degli artisti e dei visitatori.
the world’s futures’ è il titolo di questa edizione della Biennale, che si
interroga sul rapporto tra arte e sviluppo della realtà umana, sociale
e politica, nel susseguirsi delle forze e dei fenomeni esterni. “É un mondo
attraversato da fratture quello in cui viviamo – spiega Paolo Baratta,
Presidente della Biennale- da incertezze
sulle prospettive”, e non a caso è stato scelto Okwui Enwezor come curatore, molto sensibile a questi aspetti,
attento indagatore del modo in cui le tensioni del mondo esterno ricadano sulla
sensibilità e il lavoro degli artisti. 136 ne sono stati chiamati in causa,
provenienti da 53 Paesi, un Parlamento
delle Forme, una mostra globale che racconta il presente attraverso i
fenomeni anche drammatici del passato. Non nascondo che in molte sale il senso
di tristezza e di oppressione trasmesso dalle tele e dalle opere è forte, ma è
la realtà che spesso gli artisti hanno vissuto in prima persona nei loro Paesi,
e quindi non possiamo chiudere gli occhi e fare finta che tutto ciò non esista,
ma aprirci alla dea della Memoria, che
racconta il presente e il futuro attraverso un pluralismo di voci, tutte raccolte
nella Mostra, luogo di libero dialogo degli artisti e dei visitatori.
Non
riesco a raccontarvi tutte le bellissime opere che ho visto, ma di una in particolare
voglio mostrarvi un’immagine.
riesco a raccontarvi tutte le bellissime opere che ho visto, ma di una in particolare
voglio mostrarvi un’immagine.
Si tratta dell’installazione nel Padiglione del Giappone – The key in the hand – per la quale Chiharu Shiota ha fatto un’open call internazionale grazie a cui ha raccolto
180mila chiavi da tutto il mondo che ha appeso al soffitto in infiniti intrecci
con 400 km di filo rosso (ispirato alla leggenda popolare giapponese del ‘filo
rosso del destino, secondo cui ognuno porta dalla nascita un filo rosso al
mignolo che lo lega alla sua anima gemella). Queste chiavi che ti pendono sopra
la testa, danno l’idea di infiniti accessi a infiniti mondi, ed ogni chiave
rappresenta una persona realmente vissuta (alcune hanno ancora le targhette
originali con i nomi) e così ogni chiave diventa un accesso ad una storia
immaginaria, che ti porta a fluttuare leggera sospesa tra porte, fili, persone,
storie e case.
180mila chiavi da tutto il mondo che ha appeso al soffitto in infiniti intrecci
con 400 km di filo rosso (ispirato alla leggenda popolare giapponese del ‘filo
rosso del destino, secondo cui ognuno porta dalla nascita un filo rosso al
mignolo che lo lega alla sua anima gemella). Queste chiavi che ti pendono sopra
la testa, danno l’idea di infiniti accessi a infiniti mondi, ed ogni chiave
rappresenta una persona realmente vissuta (alcune hanno ancora le targhette
originali con i nomi) e così ogni chiave diventa un accesso ad una storia
immaginaria, che ti porta a fluttuare leggera sospesa tra porte, fili, persone,
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